Lo stile della vita di relazione, specie nelle città, è profondamente cambiato.
Usi, costumi, regole di comportamento sono state messe sottosopra dalla crescita incontrollata di sterminati palazzi ad appartamenti di lusso, di semilusso, popolari.
La giovane coppia che, abbandonato il terreno delle consuetudini dei genitori, inaugura la sua vita in uno di questi palazzi affollati di famiglie ignote ed eterogenee ha l’impressione di affrontare una giungla dove abitano i leoni.
Si impongono prodigi di diplomazia per i quali spesso non si è preparati, né l’educazione ricevuta in famiglia è applicabile in circostanze che molte volte si presentano inedite.
Un codice di comportamento, in proposito, non è mai stato scritto, considerata la relativa novità del fenomeno.
Un buon precedente, per questi casi, può essere offerto dai sistemi di vita fioriti negli antichi centri storici.
Si può citare venezia che, per come è cresciuta attraverso i secoli, può anche essere guardata quale un unico e sterminato insieme di inquilini che campano a contatto di gomito: tutti si conoscono, quasi tutti fanno finta di non conoscersi.
Regola fondamentale a venezia è quella di non instaurare rapporti di stretta amicizia di eccessiva cordialità fra famiglie che abitano l’una a ridosso dell’altra: un «buongiorno» e un «buonasera» sono più che sufficienti a salvaguardare la buona educazione.
Un simile atteggiamento, anche se potrà apparire, all’inizio, segno di superbia consente alcuni vantaggi: mette al riparo i nuovi venuti dalla invadenza curiosa del vicino, garantisce il vicino dal timore d’essere assediato da personaggi troppo invadenti.
Queste cautele, naturalmente, non escludono nessuno dall’intervenire a vantaggio dell’uno o dell’altro in casi di urgenza: la malattia d’un bambino, l’appartamento che si allaga per una perdita d’acqua ecc.
Una volta protetta la propria vita privata, si dovrà tentare di salvaguardare quella degli altri.
Le case moderne hanno pareti sottili che, se non fanno passare gli odori, fanno passare rumori.
E allora addio intimità.
Nella misura consentita dalla dislocazione delle stanze si eviterà di fare la camera da letto là dove i muri sono più contagiosi di fragori e si dislocherà l’ambiente destinato alle conversazioni e ai ricevimenti nella stanza più isolata.
Se, poi, si decide di organizzare una festicciola in casa sarà buona regola avvertire con garbo e con anticipo i vicini, pregandoli d’aver un minimo di pazienza, promettendo che uguale indulgenza sarà usata quando si verificherà la stessa cosa per loro.
Se il fragore sarà stato, a conti fatti, eccessivo, un mazzo di fiori favorirà il perdono l’indomani mattina.
In ogni caso la radio, la televisione, il giradischi a tutto volume, specie quando si tengono aperte le finestre, non sarà certo indice di buon garbo.
È fatale che in una grande casa di appartamenti ci siano, al piano di sopra o a quello di sotto o a quello di lato, coniugi suscettibili a un fruscio, a un passo pesante che risuoni dopo la mezzanotte, allo scroscio dello sciacquone nelle ore pomeridiane destinate al riposo.
Inutile aprire una guerra del rumore.
Meglio misurare le possibilità del dialogo diplomatico, tentando di persuadere il coinquilino difficile che la colpa non è del titolare dello sciacquone ma della pessima qualità delle strutture murarie, e che per chi vive sotto assedio, un minimo di rassegnazione è necessario.
In ogni caso vi è una regola valida per tutti: villano è chi si abbandona a rumor, inutili, altrettanto villano è chi pretende di imporre a un palazzo il proprio amore per il silenzio assoluto.
Non vi è nulla di più penoso che vedere una famiglia intera, bambini compresi, schiavizzata dalle intemperanze di un colonnello a riposo che, stando in città, pretende di campare come se stesse in un villino, costruito su una collina affacciata su un lago, lontano dagli alberi, perché gli dà fastidio lo stormir delle fronde.
I grandi palazzi moderni, nella maggior parte dei casi, sembrano progettati da tanti erode fattisi architetti.
Non è prevista l’esistenza dei bambini, ovvero, se la si è prevista, lo si è fatto per umiliarla.
C’è un grande spazio al pianterreno? Ebbene, lo si destina a funzioni di vera rappresentanza.
C’è un giardino sul fronte della casa? Ebbene è destinato a compiti puramente decorativi e guai a chi vi mette piede.
Se si dovesse dare retta ai regolamenti degli edifici ad appartamen¬ti, l’umanità al di sotto dei quindici anni può usufruire soltanto di una serie di « no » : non si può correre, non si può cantare, non si può giocare al pallone, non si calpesta l’erba, non si invade l’ingresso, proibito « guardie e ladri ».
Bisognerebbe cambiare i criteri con i quali sono costruite le case, ma in attesa di questo fausto, quanto improbabile, evento, sarà bene che chi non si può permettere una villa isolata con parco, trovi un modo di vivere che concili il bisogno della quiete proprio degli adulti, con il bisogno di far chiasso proprio dell’infanzia.
I genitori si dovranno sforzare d’intendere che, benché i loro figlioli sono i più belli e i più cari del mondo, non per questo tale opinione è necessariamente condivisa dalla coppia di giovani sposi della porta accanto e neppure dai pensionati del piano di sotto.
Basterà convincerli che si può fare pandemonio soltanto in certe ore e non in altre.
Meglio ancora far ricorso alla complicità tra genitori e figli : persino il silenzio, in taluni casi, può diventare un gioco.
Dal canto loro i coinquilini senza bambini avranno la buona grazia di rassegnarsi al fatto che fin che si vive in un palazzo che ospita dieci, o venti, o più famiglie è fatale la presenza di una truppa di ragazzini che ha il diritto di manifestare i propri riti almeno quanto la comunità degli adulti.
È necessario quindi che ciascuno faccia il proprio esame di coscienza: si sopporta il rumore del traffico, ci si compiace della radio a tutto volume quando è in corso la partita di calcio, si circonda di reverente e curioso silenzio la lite dei coniugi accanto; ma se la maria di tre anni intona « giro giro tondo » subito si scatena un concerto di manici di scopa picchiati sui soffitti o sui pavimenti.
A questo punto l’adulto si dimostra molto più maleducato rispetto ai piccoli.
Il palazzo perderà, forse, in eleganza, ma guadagnerà in benessere e tranquillità per tutti.
La miglior cosa sarebbe un accordo tra coinquilini per individuare uno spazio dove i bambini possano giocare senza disturbare e senza essere disturbati: lo stenditoio sopra i tetti, il salone d’ingresso, il prato davanti a casa.
Il balcone della famiglia sottostante in nessun caso può essere considerato come il portacenere di chi sta di sopra, o il luogo deputato per scuotervi la tovaglia dopo la colazione, o la grondaia per le acque perse dall’innaffiatura dei gerani.
Meglio rinunciare alla soddisfazione di fare gli zoofili quando il culto per l’animale si trasforma in grave disagio per i vicini : il cane che lorda le scale, il gatto che va in amore nelle già drammatiche notti di calura, rappresentano un disagio per i coinquilini, per i cani e per i gatti stessi.
L’uso dell’ascensore riservato esclusivamente agli abitanti di casa, con la conseguenza che l’ospite anziano deve farsi quattro rampe di scale a piedi per far visita, è semplicemente stupido.
L’ascensore a monetina, specie con la ricorrente penuria di spiccioli, è simbolo di insulsa avarizia.
Vi è chi si turba per il fatto che la madre del terzo piano deposita, sistematicamente, la carrozzina del bambino davanti alla specchiera dell’atrio in mancanza di altri spazi disponibili il turbamento intimo è giustificato, non la protesta.
È civile sopportare questo minimo di disagio nella misura in cui e comprensibile che la madre del terzo piano non saprebbe dove altro mettere la carrozzina.
Del resto si tratterà di un disagio relativamente breve, basta aver la pazienza di aspettare che il pupo cresca.
Potrebbe essere diverso il caso delle biciclette
ma allora si dovrà stabilire di comune accordo il luogo adatto dove piazzare una rastrelliera per le biciclette (che con la nuova moda tendono a moltiplicarsi): chi non ama questo mezzo di locomozione si consoli calcolando che contribuisce a ridurre l’inquinamento atmosferico.
Nel palazzo ad appartamenti vige, e va ossequiata, la legge del mutuo soccorso intorno alle difficoltà spicciole.
Va da sé che il chiedere e il dare non implica una precedente e approfondita conoscenza, presentazioni regolari e tutto il resto.
Sarà frequente la richiesta di una mezza tazza di zucchero, alla domenica, quando i negozi sono chiusi, oppure di due uova, d’un goccio d’olio, d’un pugno di farina, d’uno spicchio d’aglio.
Siate generosi e non pretendete la restituzione di quanto è stato offerto pensando che, in questo genere di faccenda, vale la regola della reciprocità: prima o poi tutti dovranno far ricorso a questa tollerabile questua.
D’altro canto e altrettanto buona regola ritenere che l’aver offerto o l’aver ricevuto una tazza di farina o un mezzo chilo di spaghetti non costituisca né presentazione, né vincolo di perenne amicizia.